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Noi si cammina da casa

Murlo:
la sua vita attraverso i secoli
e nei ricordi di mio padre

 

Murlo

 

Murlo e la Val di Merse: un'area cui sono particolarmente legata, perché rappresenta la memoria più vivida di mio padre, che nelle sue campagne e boschi ha vissuto per 13 anni, tra infanzia e giovinezza, e che nei suoi racconti mi restituisce l'odore di un'epoca che non esiste più, e che ha lo stesso sapore delle favole di Esopo, le novelle di Emma Perodi (seppure in una diversa area della Toscana), le commedie italiane tra gli anni cinquanta e sessanta.

 

Per me sono entrati nel mito la storia dell'asino Don Cammillo che nessuno trovava più, e che dopo tre giorni sentirono ragliare da dentro la chiesa di San Giusto, perché ormai aveva finito di mangiare tutti i fiori che la decoravano, e di bere tutta l'acqua delle acquasantiere.
O del maiale che non era rientrato al porcile: dopo un'improvvisa rivelazione, di notte, mio padre con i suoi fratelli più grandi - i più giovani dei nove totali ancora non erano nati – muniti di una lampada ad acetilene, decisero di andare a ricercarlo presso il Conventaccio, dove infatti sentirono il suo grugnito provenire dal letto del fosso omonimo, in un punto difficile da risalire.

Questo è un territorio rimasto, in Toscana, fra i più restii ad adattarsi ai ritmi, alle trasformazioni e ai nuovi mezzi della contemporaneità; poco lontano incide la Riserva Naturale del Basso Merse, istituita nel 1996.
Più volte ho fatto un itinerario ad anello che parte dal grazioso borgo di Murlo, segue per un buon tratto il torrente Crevole, tocca successivamente la frazione de La Befa e riprende la via del ritorno salendo verso Montepertuso, passando per nuovi e antichi poderi, che si affacciano sugli ampi orizzonti aperti sulla Val d'Arbia, con le sue linee ricche di fascino. Siamo a sud di Siena, ad est e a ovest scorrono rispettivamente l'Arbia e il Merse, poco prima che affluiscano nell'Ombrone.

In questi luoghi sono vive le testimonianze di una storia plurimillenaria, che va dal periodo etrusco del VII-VI secolo a.C. alla "rinascita religiosa" dell'anno Mille, dagli appoderamenti di età romana, alla storia industriale del primo ottocento.
Poggio Civitate, situato a sud-est di Murlo ad un'altezza di circa 360 m., ha svelato in 50 anni di scavi, un esempio unico di civiltà etrusca: un palazzo principesco di epoca orientalizzante, distrutto da un incendio e poi ricostruito con ancor più magnificenza.
Nell'Antiquarium, l'importante museo archeologico all'interno dell'antico Palazzo Vescovile di Murlo, si possono ammirare la maggior parte dei ritrovamenti di questo antico insediamento, che, al contrario delle numerosissime necropoli, che si trovano un po' ovunque in Toscana e nell'antica Etruria tutta, danno invece uno spaccato della vita quotidiana di 2500 anni fa.
Qui sono stati ritrovati numerosi oggetti che testimoniano l'esistenza di un intero villaggio, o forse più di uno, di case e laboratori, dove vivevano artigiani ed operai alle dipendenze dei signori di Poggio Civitate: si producevano tessuti, monili, terrecotte, si allevavano mucche, capre, pecore, tartarughe, tutto per l'uso e consumo quotidiano e interno alla comunità.


Dopo l'egemonia romana, di cui rimane una bella testimonianza, presso La Befa, lo scavo risalente agli anni '70 di una villa appartenente alla prima età imperiale, a partire più o meno dall'anno Mille, l'intera area prenderà parte a quel rinnovamento storico in cui "...pareva che la terra stessa, come scrollandosi e liberandosi della vecchiaia, si rivestisse tutta di un candido manto di chiese...".
Così racconta il monaco Rodolfo il Glabro nelle sue Storie, con l'occhio di chi vede in questo i segni della lotta fra il Bene e il Male.
È certo che la costruzione di nuovi edifici religiosi fu anche qui imponente, ed anzi andò ad instaurarsi su una probabile "Via delle Pievi", che arrivava fino a Siena e proseguiva poi verso Lucca.


Con un salto di otto secoli, in cui il territorio era rimasto feudo dei Vescovi di Siena, arriviamo a leggere sotto i nostri passi, per un buon tratto di cammino, la storia dei molti che videro, nella scoperta di un consistente giacimento di lignite, la possibilità e la speranza di miglioramento della propria realtà materiale.
Oggi lo testimonia un vero e proprio villaggio minerario costruito in funzione dello sfruttamento di questo combustibile fossile, e un sentiero lungo l'ultimo tratto del torrente Crevole, che ripercorre il tracciato della vecchia ferrovia usata per il suo trasporto.


Innumerevoli altri sentieri si possono percorrere in questo territorio, moltissime altre bellezze si possono scoprire.

Qualche volta mio padre viene alle mie gite. Vestito con materiali che più antitecnici non si può, a partire dalle scarpe.
Fuori dal tempo anche in questo, a macinare chilometri senza sudare, con spirito ed energia.
Delle chiacchierate che facevamo spesso anni fa, una frase rimane scolpita nella mia testa:"Ognuno lotta la vita".
Nella sua costruzione sgrammaticata, rende perfettamente l'umanesimo che si porta dietro: nonostante e aldilà di tutti gli errori che ognuno compie, e che possono generare conflitti, siamo tutti sulla terra per far sì che questo spazio-tempo che ci è concesso, si possa chiamare vita.

 

grazia

 

 

Grazia Minutella

 

 

marzo 2020.

Sede: via F. Nullo, 23 - 50137 Firenze
realizzazione a.calamai Agg.: 01-Apr-2020

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